Dezign Studio - Weandart
Artigiani Designer

Dezign Studio

Questo mese la carta d’identità del “nostro” Artigiani/Designer dice:

Cognome: Bucci_Armento
Nome: Angelo_Sara
Studio: Dezign_studio
Cittadinanza: Italiana
Segni particolari: farsi un sacco di domande e aver parteicipato all’ultima edizione di Doppio Senso

1) Da cosa nasce la tua passione per il design?
La mia passione per il design nasce da elementi concomitanti; più precisamente, dalla mia curiosità, dall’essere un po’ “visionario”, dal chiedermi sempre il perché delle cose, ma, più di tutto, i due fattori fondamentali che mi hanno spinto ad intraprendere una carriera in questo settore sono stati la passione per la cultura del progetto e l’incontro con due fantastici docenti che mi hanno fatto capire cosa fosse veramente il design.
2) Qual è stato il tuo percorso formativo?
Io (Angelo) sono laureato in Architettura, ordinamento CEE, con indirizzo in Disegno Industriale, presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti, sede di Pescara. Ho avuto la possibilità di fare uno scambio con la University of Waterloo, Ontario, Canada, nell’anno accademico 1998/99 e di approfondire le mie esperienze attraverso vari workshop sia durante che dopo il mio percorso di laurea.
Continuo tuttora a cercare nuovi stimoli e corsi che possano darmi ulteriori informazioni in settori che ancora non conosco.
Sara è laureanda in Architettura, sempre a Pescara, ed ha avuto varie esperienze nella grafica e nella progettazione architettonica. Dopo un anno di erasmus presso la Escuela Politecnica Superior di Alicante, è tornata in Italia dove ci siamo ritrovati per iniziare una bella relazione sia personale che lavorativa.
 
3) Quale personaggio del mondo del design ha “influenzato” i tuoi lavori e il tuo modus operandi?
Ho letto tanto e visto tanto, ho preso un po’ da tutti ma rielaborando tutto a mio modo, secondo il mio modo di vedere le cose, e non perché mi senta superiore ad altri, ma per il semplice fatto che tutto è in continua trasformazione, in movimento. E’ logico che grandi personaggi come Munari, Magistretti, Ponti, possano essere stati punti di riferimento all’inizio del mio percorso e continuano ad esserlo tuttora, ma, dopo aver maturato un mio stile, un mio concetto e, soprattutto, una mia idea di design, mi sento libero da riferimenti esterni.
4) Quali materiali prediligi e perché?
Non abbiamo un materiale prediletto, facciamo però molta attenzione alla natura del materiale. Intendiamo dire che quando iniziamo a studiare un progetto facciamo delle ipotesi sui materiali possibili e iniziamo a studiare le caratteristiche di ciascuno di quelli che prendiamo in considerazione. Questo tipo di approccio ci porta ad avere un rapporto molto stretto con i materiali stessi e, di ciascuno di loro, cerchiamo di prendere il meglio. Ogni materiale ha le sue peculiarità e la sua manifestazione aiuta il prodotto ad essere migliore.
Uno degli elementi che più ci interessano, riguardo i materiali, è l’eco-sostenibilità, intesa non solo come la possibilità di riciclarlo, ma anche come reperibilità, facilità di approvvigionamento, insomma ci interessa di tutto quello che comporta una impronta ecologica del materiale nel nostro ecosistema e, di conseguenza, del prodotto.
5) Cosa conta di più per te nella realizzazione di un progetto: l’idea, la tecnica, la sperimentazione?
Credo che la cosa fondamentale in un progetto sia l’idea, o per meglio dire il concept che è alla base del progetto. Infatti ritengo che i migliori progetti siano quelli che io definisco progetti “aperti”; più precisamente, un progetto lo definisco aperto quando è il suo concetto ad essere forte e non la sua forma e, quindi, può essere declinato in molte maniere ma senza perdere di efficacia. Il concetto è l’anima di quello che si progetta.
E’ normale, però, che senza sperimentare e senza far riferimento ad una tecnica ed alla tecnologia a disposizione, i concept sarebbero destinati a rimanere, per l’appunto, elementi concettuali. Ma la tecnica da sola produrrebbe invenzioni e la sperimentazione andrebbe avanti solo per tentativi senza avere un concept di base forte ed innovativo.
6) Con chi ti piacerebbe collaborare e perché?
Beh, il nostro è un mestiere fatto di confronti e di scontri (dialettici si spera) però credo che troppi progettisti che collaborano non sia mai una buona cosa, a meno che non abbiano sempre lavorato insieme. Questo se si parla di collaborazione progettuale su un unico prodotto.
Se invece prendiamo in maniera più larga la “collaborazione”, credo che il nostro lavoro vada fatto in continua collaborazione con tanti professionisti che si occupano di materie che interessano il prodotto (marketing, ergonomia, materiali, leggi, etc.) e queste collaborazioni sono assolutamente interessanti e stimolanti per un progettista. Ancora più stimolante, anche se spesso difficile da gestire, è il rapporto designer-artigiano. Questo cortocircuito tra due figure che invadono o cercano di invadere ciascuno il campo dell’altro, è carico di intense intuizioni progettuali che mi hanno sempre stimolato molto. Quindi, se dovessi decidere con chi collaborare prenderei di certo l’artigiano più burbero del mondo piuttosto che il progettista più bravo; con l’artigiano, dopo un po’ di litigi e chiarimenti si arriverebbe di certo ad un risultato comune che appagherebbe entrambi, con un altro progettista sarebbero solo litigi!
7) Quando progetti qualcosa, qual è il tuo target di riferimento?
La mia visione del prodotto di design è quella di un prodotto industriale rivolto alla massa che, però, porti in se un messaggio culturale che lo identifichi rispetto al suo periodo storico. Ogni prodotto, secondo me, dovrebbe essere progettato oltre che per la sua funzione primaria, con uno scopo secondario molto più alto, cioè quello di diventare, in futuro, un “testo” capace di far capire chi eravamo, quali erano le nostre tecnologie, i nostri interessi, le nostre ambizioni. Insomma un prodotto, ormai, non può più essere progettato in maniera “chiusa”, pensando solo alla sua funzione; siamo ormai tutti coscienti della capacità dei prodotti di veicolare messaggi etici e culturali importanti ed attraverso questi sensibilizzare quante più persone possibili sui temi toccati. Questo, anche se molto ambizioso, vorrebbe essere il mio target di riferimento.
8) Qual è il progetto a cui sei legato di più e perché?
Il mio progetto a cui sono più legato è Wall Chair. Questo è nato circa due anni fa sulla base di due ricerche che stavamo portando avanti all’interno dello studio. Ci eravamo interessati, in quel periodo, della problematica dovuta alla riduzione delle dimensione degli appartamenti ed alla trasformazione di molti di questi in meri dormitori dove non c’era spazio nemmeno per invitare amici a cena. Stavamo, quindi, analizzando soluzioni trasformabili per ridurre o risolvere qualcuno dei problemi legati a questo tema. L’elemento su cui ci siamo soffermati è la “sedia in più” per l’ospite, quella sedia pieghevole che si ripone normalmente negli sgabuzzini (quando se ne ha uno) e da lì è nato il concept di Wall Chair. L’idea è di non nascondere la sedia ma di trasformarla in un quadro, così nel momento in cui non è usata diventa un elemento di arredo, quando arriva l’ospite lo si stupisce prendendo direttamente dal muro il quadro che, trasformato con un semplice movimento in sedia, lo “incornicerà”. In più, in quel periodo, iniziavamo a parlare anche di un’altra ricerca che tuttora continua, quella del “design a km0”. Questo fu il primo prodotto del deZign Studio realizzato con le regole che ci eravamo dati per un design ad impronta ecologica ridotta.
9) Vorresti vedere una tua creazione in casa di…?
In casa di tutti, pensiamo, ma non per l’economia di scala che si genera, solo perché, in questo modo, il nostro messaggio di progettisti possa arrivare alla massa, come dicevamo poco fa.
Non puntiamo ad un progetto di nicchia, rivolto a pochi noti e grazie al quale possiamo diventare noti anche noi; crediamo sia molto più interessante il prodotto del progettista, quindi più il prodotto è di massa e meglio è!
 
10) Un oggetto entra nella storia del design quando…?
Crediamo che un prodotto entri nella storia del design attraverso due canali principali: il primo è quando, dopo anni di mercato, il prodotto continua ad essere venduto ed ufficialmente riconosciuto dalle masse come un prodotto di Design; la seconda modalità è quella secondo la quale un prodotto diventa di Design nel momento in cui riesce a cambiare il modo di percepire quel prodotto o le abitudini della massa.
Per tutte e due le modalità c’è bisogno che il tempo ed il mercato diano i loro segni. Per questo motivo siamo contrari alla “Design Art” che tende a decidere a priori la caratteristica di storicità di un prodotto. La Design Art ha, purtroppo, distrutto la corretta immagine del design, ponendo il progettista in primo piano. In questo modo il prodotto non è più importante, l’importante è diventata la firma sul prodotto.
11) L’oggetto di design più bello? Quello più utile? Quello più inutile? Quello che vorresti portasse la tua firma?
Allora, quello che vorremmo portasse la nostra firma è sicuramente la LETTERA 22, un prodotto progettato in maniera magnifica, risolvendo, tecnicamente, i problemi che si erano prefissati di risolvere, il tutto in maniera elegante, ottenendo un prodotto “aperto” e unico allo stesso tempo.
Sui prodotti più utili ci rifaremmo senz’altro ai “compassi d’oro a sconosciuti” di Munari, tutti prodotti, cioè, nati dall’esperienza di chi li usava o ne aveva estrema necessità, senza alcuna velleità progettuale o, quantomeno, artistica.
Sui prodotti inutili la lista sarebbe troppo lunga e molti di questi apparterrebbero a designer legati a quel filone del Design Art di cui abbiamo già parlato. Ci sarebbero, insomma, molte sedie, poltrone, spremiagrumi, da elencare ma sarebbe solo esercizio di critica che, senza confronto e discussione, rimarrebbe chiuso qui, inutilmente.
Abbiamo lasciato per ultimo il prodotto più bello perché riteniamo che questa sia la risposta più difficile da dare, soprattutto perché si dovrebbe definire chi decide cosa è bello oggi. In un ambiente regolamentato dai gusti di pochi gruppi editoriali e riviste, crediamo che il bello sia nascosto agli occhi delle masse. A meno di piccole tirature e di blog interessati alla cultura del progetto, pochi sono i momenti in cui è permesso alle persone di crearsi una propria idea del “bello” al di là della facciata superficiale e dell’aver visto quel prodotto in casa di Tizio o nella trasmissione di Caio.
 
12) Quanto contano da 1 a 10 nel successo di un progetto: la scelta del materiale; la scelta del colore; l’utilità; l’estetica; il target di riferimento; una buona recensione/visibilità.
Quelli elencati sono tutti elementi importanti, ma ci pare manchi la ricerca. Un progetto, affinché abbia un successo assicurato, deve soddisfare una domanda in maniera innovativa. Per far si che questo accada e che non si ottengano reazioni tipo:”oddio, un’altra sedia!”, il punto di partenza deve essere una ricerca approfondita su qualche tema che ci ha colpito, che ci interessa, o che ci è stato proposto. Questo momento di approccio al progetto ci permette di sfruttare tutta la nostra creatività per sviluppare un concept innovativo per risolvere il quesito. Tutto il resto, materiale, estetica, target, visibilità, vengono di conseguenza quando il concept è innovativo e forte.
L'”utilità di un prodotto” non è stata inserita nell’elenco proprio perché crediamo che sia il momento di dire basta a quei prodotti che non hanno una vera utilità. Tutti quei prodotti che ci sentiamo quasi obbligati a possedere per poter far parte di un gruppo o dimostrare un certo status, senza che risolvano un problema o una richiesta, senza, quindi, una vera utilità, preferiamo non considerarli prodotti.
Crediamo sia tempo di tornare alla cultura del progetto.
13) Hai un blog o un sito personale?
Si, abbiamo un sito/blog che cerchiamo di usare come momento di scambio con l’esterno dello studio, attraverso la pubblicazione dei nostri lavori ma, anche, dei nostri pensieri e delle ricerche che portiamo avanti.
14) Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente di continuare su questa strada con tutta la passione che ci stiamo mettendo e che continueremo a metterci, continuando a crescere e ad allargare i nostri interessi.
Grazie a Sara cercheremo di allargare i nostri ambiti di progetto anche all’architettura e io (Angelo) continuerò ad insegnare design come faccio da anni con lo spirito e la voglia di formare nuovi progettisti pronti ad affrontare il mondo.
15) Saluta i lettori con un pensiero tutto tuo.
Non dimenticate mai di coltivare la vostra curiosità, la vostra cultura ed i vostri interessi, non date per scontato nulla, rallentate ogni tanto e fermatevi a pensare quando serve, rispettate voi stessi e vi scoprirete a rispettare gli altri.
Progettate per la cultura del progetto, per la gioia e la bellezza insita nel progetto stesso, e non per il resto; il resto passa, i progetti, quelli veri, restano.
Un ringraziamento ad Angelo Bucci e Sara Armento che hanno risposto alle domande di Valentina Falcinelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.